Oftalmopatia Basedowiana

Il morbo di Basedow è una malattia che può insorgere a qualunque età ed in entrambi i sessi, anche se colpisce preferenzialmente donne di età compresa fra 20 e 60 anni. Tale malattia può colpire, oltre alla tiroide, anche la cute e gli occhi.

Sebbene la causa di questo quadro morboso sia ancora sconosciuta, diversi studi hanno evidenziato che le alterazioni del sistema immunitario hanno indubbiamente un ruolo rilevante nella sua patogenesi.

Di norma il sistema immunitario è deputato alla produzione di anticorpi che aiutano la difesa dell’organismo umano contro i virus e i batteri che possono infettarlo. Nella malattia di Basedow invece l’organismo produce autoanticorpi che attaccano la ghiandola tiroide, la cute degli arti inferiori e gli occhi, determinando l’insorgenza dei sintomi caratteristici della malattia.

 

Le alterazioni oculari

Quando il morbo di Basedow colpisce gli occhi si parla di oftalmopatia basedowiana. Va sottolineato che la comparsa delle manifestazioni a livello oculare non è necessariamente in rapporto allo stato della funzionalità tiroidea.

Infatti l’oftalmopatia può comparire anche dopo la regolarizzazione della funzione della tiroide o, in alcuni casi, anche in soggetti senza sintomi sistemici dovuti all’ipertiroidismo.

I segni oculari notati nei pazienti con tireotossicosi comprendono:

  • sguardo fisso
  • riduzione della frequenza dell’ammiccamento
  • retrazione delle palpebre
  • chemosi e rossore congiuntivale
  • esoftalmo
  • aumento della pressione oculare

che producono sintomi quali:

  • dolori retro-orbitari
  • lacrimazione
  • irritazione e ipersensibilità alla luce (fotofobia).

Oftalmopatia infiltrativa

L’oftalmopatia infiltrativa è l’evoluzione più seria e specifica della malattia in oggetto ed è caratterizzata da ispessimento del tessuto retrobulbare che causa protrusione degli occhi verso l’esterno (esoftalmo) e l’aumento dello spazio fra la palpebra superiore e quella inferiore (lagoftalmo).

 

In seguito allo stato infiammatorio dei muscoli extraoculari possono insorgere anche astenia e fibrosi di alcuni di essi: tali esiti possono portare alla visione offuscata e alla visione doppia (diplopia).

Nei pazienti oftalmopatici il bulbo oculare tende quindi a protrudere all’esterno dell’orbita a causa dell’accumulo di liquido e di grasso nella zona retrostante il bulbo e ad aumento del volume dei muscoli extraoculari. Non riuscendo l’ammiccamento palpebrale ad umidificare l’occhio per l’eccessiva protrusione dello stesso, possono insorgere danni a carico della cornea e della congiuntiva.

In circa il 5% dei pazienti oftalmopatici, i muscoli extraoculari ingrossati ed il grasso retrorbitario possono comprimere il nervo ottico e, alla lunga, portare ad una progressiva perdita del visus: in questi casi si parla di neuropatia ottica.

Fra gli esami diagnostici, utili per individuare un’eventuale compressione del nervo ottico, i più importanti sono: il campo visivo, la tomografia assiale computerizzata (TAC), in casi specifici la risonanza magnetica nucleare (RMN).

Terapia dell’oftalmopatia tiroidea

La terapia dell’oftalmopatia tiroidea varia in relazione alla gravità e al tipo di sintomi accusati dal paziente.

Terapia medica

Le forme più lievi di oftalmopatia non vengono trattate: in questi casi può essere sufficiente l’utilizzo di un paio di occhiali da sole o l’uso di lacrime artificiali sotto forma di collirio o gel per umidificare l’occhio.

Nei soggetti con neuropatia ottica o nelle fasi iniziali di una proptosi rapidamente progressiva puo’ essere indicato l’uso di farmaci steroidei.

Nei casi che presentano diplopia può essere indicata la radioterapia e/o la prescrizione di lenti prismatiche per gli occhiali. Tali prismi possono essere montati a permanenza o solo temporaneamente sulle lenti ma, qualora non bastino a correggere la diplopia, è necessario intervenire chirurgicamente sui muscoli extraoculari.

Terapia chirurgica

Intervento chirurgico di decompressione

Lo scopo della chirurgia decompressiva è quello di rimuovere la parete ossea situata fra l’orbita e gli spazi sinusali in modo da aumentare lo spazio a livello orbitario per il bulbo oculare che può così rientrare all’interno dell’orbita stessa.

L’intervento chirurgico di decompressione è indicato in caso di neuropatia ottica da compressione, in caso di grave esoftalmo con severe alterazioni a carico della cornea conseguenti al ridotto ammiccamento, o ancora per ragioni estetiche.

Chirurgia sui muscoli oculari

Si effettua in presenza di diplopia e/o di limitazione importante della motilità, nella maggior parte dei casi nello sguardo verso l’alto. L’intervento viene effettuato in anestesia locale ed in genere consiste nello spostamento, recessione, dell’inserzione del muscolo in maniera da indebolire la restrizione e consentire una maggior escursione del globo oculare.

Il muscolo più frequentemente interessato è il muscolo retto inferiore e non deve essere confuso con una paralisi del retto superiore, che funziona ma il retto inferiore, diventato rigido ed in estensibile ne impedisce la funzione.

Chirurgia della retrazione palpebrale

I pazienti oftalmopatici presentano usualmente un’apertura della rima palpebrale superiore al normale per cui la superficie anteriore dell’occhio può risultare eccessivamente esposta con conseguente lacrimazione eccessiva ed irritazione. Il riposizionamento chirurgico delle palpebre può ridurre lo stato irritativo. L’indicazione può essere anche solo estetica a causa dello sguardo sbarrato e “spaventoso” .

Quando indicato, si dovrebbe intraprendere un procedimento di decompressione orbitaria prima della chirurgia dello strabismo o della palpebra, poichè la decompressione puo’ alterare l’allineamento oculare e la posizione palpebrale.